Quale Primavera?

Saluzzo - “Situazione sempre più emergenziale”, “bomba sociale”, “tanto la frutta la raccogliamo lo stesso anche senza africani”, “acces interdit”, convegni, lettere, interpellanze … E’ arrivata la primavera e si torna a parlare di africani.

Scarpe abbandonate sull’asfalto, resti di biciclette, ratti che si aggirano tra le immondizie, teli di plastica e bancali di legno, foglie secche che scricchiolano sotto i piedi: novembre, il foro boario, sembra ieri. Il muro della vergogna ai margini di una città pulita, devota al dio denaro e al santo patrono, indifferente e annoiata.

Qualche uomo dalla pelle nera in tenuta sportiva, zainetto in spalla e il famigerato trolley per mano, si aggira già per Saluzzo, prova a bussare alla Caritas in corso Piemonte ma il portone è chiuso, la casa del cimitero incatenata e decorata con vistosi cartelli con scritte minacciose in italiano e francese. La stagione a Rosarno è finita.

Amici o semplici conoscenti suonano i campanelli degli appartamenti di coloro, i più fortunati, che hanno trovato alloggio anche per l’inverno; ma non c’è posto per tutti, se sei nero tutti ti guardano, devi stare attento, non affollare troppo le case faticosamente affittate da altri.

Meglio restare sparsi in giro: alla Caritas di Cuneo o Alba, avvicinarsi un poco e andare a Torino, le stazioni ferroviarie vanno sempre bene, per mangiare ci si arrangia, bisogna caricare il telefonino o il computer, cominciare a trovare una bicicletta. E’ ancora presto per andare dai padroni dell’anno scorso ma non si sa mai, i primi che arrivano di solito sono i più fortunati. E poi ci sono i permessi di soggiorno da rinnovare, mesi e mesi di attesa, la pagina web della questura che continua a dire che il tuo permesso è “in trattazione” e non sai perché c’è così tanto da aspettare, se non hai la residenza non ti rinnovano ma la residenza non te la danno se non hai il rinnovo, se paghi di più ti danno qualche mese in più, se non lavori, se non hai una casa, se sei residente a Vicenza o Roma perché vieni a Cuneo, etc… nella giungla incomprensibile di un apparato burocratico ostile.

Intanto hanno aperto i centri di accoglienza per i profughi, con 500 euro e l’ennesimo, inutile foglio di carta bollata, si sono messi a posto la coscienza dopo aver sprecato fiumi di denaro per tenerli buoni buoni senza uno straccio di prospettiva per il futuro prossimo; intanto nei cie in tutta Italia continuano le rivolte, le fughe, i pestaggi della polizia, esseri umani imprigionati senza un motivo.

Certamente stanno meglio quelli che sono riusciti a mettere qualche soldo da parte per svernare in Africa, con le famiglie. I maliani, soprattutto, tornati in patria proprio durante la guerra, l’ennesima guerra, che si è combattuta nel nord del paese. Ma anche gli ivoriani, i senegalesi, i ghanesi, i burkinabé.

Sono i migranti al tempo della crisi, i neo nomadi costretti a spostarsi di continuo da nord a sud alla ricerca di qualche giornata lavorativa mal pagata, sfuttati, ricattati, senza diritti, cavie per sperimentare condizioni di lavoro sempre peggiori che man mano vengono estese a tutti, italiani e stranieri.

 

Oggi è arrivato Keita da Parigi dove era andato a novembre dopo aver lavorato tutta l’estate in campagna; lo hanno convocato in questura per rinnovare il suo permesso per motivi umanitari, si fermerà il tempo di sbrigare le faccende e poi tornerà in Francia dove ha trovato lavoro, non vuole ritornare in Italia.

Dramane, finalmente, dopo 2 anni, è riuscito ad andare ad Abidjan a trovare la sua numerosa famiglia. Si è fermato quasi tre mesi ed ora è tornato: sorridente, felice di aver abbracciato i suoi figli ma allo stesso tempo con gli occhi velati di nostalgia. “A casa si sta meglio, qui non è come immaginavo. Se trovo lavoro quest’estate poi torno in Costa d’Avorio a mi compro un pezzo di terra per coltivare il cacao”.

Mohamed e Issah erano andati a Marsiglia perché qualcuno diceva che c’era lavoro per i cantieri aperti e le manifestazioni della “Capitale europea della cultura 2013”. “Non è andata molto bene, Marsiglia è pericolosa, i maghrebini ci guardano male, devi stare attento”. La polizia li ha fermati e minacciati di portarli a Ventimiglia se li trovano ancora in giro. Mohamed mi ha chiesto se qui fa ancora freddo, magari ad aprile viene perché il suo padrone gli ha telefonato che c’è da potare.

Daouda fa il piastrellista, anche lui a Parigi, insieme a qualche suo parente. Ha finito di raccogliere la frutta, di andare su e giù per l’Italia. Quando riesce torna a Saluzzo e ci offre da bere. Chissà se lo rivedremo, io comunque conservo una sua foto scattata l’anno scorso il 25 aprile, dolcevita anni settanta e giubbotto di pelle nera, sguardo fiero, un mezzo sorriso davanti all’obiettivo; altro che poveri negretti rassegnati!

Mustafà mi ha telefonato dal Mali per ricordarmi che a fine marzo scadono i termini per richiedere la disoccupazione di cui ha diritto. Tra poco torna, chissà quale look appariscente esibirà quest’anno, lui, che tutti chiamano l’americain per i suoi abiti stravaganti.

La commissione, a noi piacciono tanto le commissioni ne facciamo una per qualsiasi cosa, ha accettato il ricorso al decreto di espulsione del philosophe che durante l’inverno ha fatto la spola tra Torino, Roma e Saluzzo, sul treno gli hanno rubato la borsa con il cellulare e tutto quello che aveva, un po’ folle, un po’ saggio, adesso però guarda con speranza al domani.

Qualcuno sostiene che in un magazzino abbandonato nei dintorni di Saluzzo alcuni africani vanno a dormire la notte, chissà se è vero…

Intanto si preparano i containers, se fino all’anno scorso l’accoglienza era per chi aveva un contratto, quest’anno ci penserà la Coldiretti ad ospitare chi lavora, lasciando al resto del mondo l’onere di occuparsi di tutti gli altri. E sarà ancora emergenza…

 

lele

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