Sono tante molecole invisibili necessarie a tenere in piedi il corpo
malato di questa società. Ma non sono riconosciute nel loro ruolo.
Non ci sono, per gli immigrati, dignità né diritti. Dignità e diritti
sono due parole destinate ad altri. Anche se questi altri, poi, sono
sempre di meno: è infatti sulla pelle e sulla carne degli immigrati
che si sperimentano da sempre le condizioni peggiori di lavoro, che
poi, man mano, vengono estese a tutti quanti, anche a chi si crede
intoccabile in quanto garantito. No, non c’è più alcuna garanzia per
nessuno, oggi – tranne, s’intende, per quelli che negli ultimi feroci
trent’anni di devastazione neoliberista hanno accumulato immense
fortune. Ecco perché riconoscere dignità e diritti degli immigrati
– i più precari tra i precari – significa, nel medesimo movimento,
difendere dignità e diritti di tutti. Sta a noi, adesso, riprenderci
quei diritti, restituirli a tutti noi, di qualunque origine e prove-
nienza siamo.

Marco Rovelli  dalla prefazione del nostro libro

"di qua non sono libero" ed. trengari 2012

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