NOTERELLE ORA CHE SON POCHI

Lavoro

 

Il fenomeno dei migranti stagionali a Saluzzo “è da collocarsi sul piano del mercato del lavoro e non dell’accoglienza tale quale; ne deriva che la programmazione del fabbisogno di manodopera, le regole del mercato, il rapporto tra flussi programmati – offerta di lavoro dei migranti – manodopera locale ne sono i fattori condizionanti. L’accoglienza sganciata dal lavoro apre le porte alla confusione tra migranti per lavoro e migranti forzati, a conflitti tra categorie di aspiranti al lavoro, con possibili derive verso lo sfruttamento e la tensione”.

 

Il sindaco di Saluzzo in una lettera indirizzata al mondo istituzionale, con una certa prevalenza alle istituzioni preposte alla salvaguardia del cosiddetto “ordine pubblico” (Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza) mette nero su bianco le sue “chiavi di lettura” e detta le “linee operative”: “Accoglienza dei migranti interni nei limiti della domanda di lavoro, secondo le indicazioni delle aziende e delle organizzazioni di categoria. All’uopo si rassicura la Coldiretti che il comune metterà a disposizione un’area attrezzata su suolo pubblico, idonea ad accogliere le strutture che ospiteranno i migranti occupati in agricoltura. Il Comune metterà inoltre nuovamente a disposizione l’immobile (fatiscente, ndr) nei pressi del cimitero idoneo all’accoglienza di quattordici persone”. Per tutti gli altri “verranno disincentivate presenze precarie perché andrebbero a discapito di tutti i soggetti coinvolti nella stagione lavorativa e aprirebbero scenari non accettabili in una società civile”. Come verranno disincentivate queste “presenze precarie” (leggasi “esseri umani dalla pelle nera”)? Mediante “l’emissione, fin dal mese di aprile, di apposita ordinanza finalizzata a vietare il campeggio o il pernottamento, al di fuori degli spazi appositamente allestiti, e intervento della forza pubblica in caso di violazione. Giova ricordare, a questo proposito, che per dare effettività a quest’azione, sarà essenziale la collaborazione dei carabinieri e delle altre forze dell’ordine, stante l’insufficienza numerica dei vigili urbani della Città di Saluzzo”.

 

Chiaro, chiarissimo!

 

Già ai tempi dell’entrata in vigore della Legge Bossi-Fini (anno 2002) da più parti veniva contestata l’impalcatura repressiva e penalizzante delle norme in essa contenute che, di fatto, considerano il migrante unicamente da un punto di vista “utilitaristico”, accettato solo se e quando deve svolgere un lavoro, rifiutato e rimandato indietro quando non svolge più o non può svolgere tale funzione. Trattati come merce, non come persone che hanno il diritto di soggiornare in un paese straniero rimanendo titolari di diritti insopprimibili.

 

Una seconda critica mossa alla legge tuttora in vigore era l’enfasi posta sulla presunta pericolosità del migrante che alimenta la tendenza ad affrontare il fenomeno in termini di ordine pubblico. Questa tendenza è stata ulteriormente accentuata dal famigerato “Pacchetto sicurezza” emanato nel 2008 che, tra le altre cose, attribuisce maggiori poteri ai sindaci in materia di ordine pubblico.

 

E si sa, le leggi vanno rispettate, anche quando sono ingiuste.

 

Saluzzo è un polo agricolo d’eccellenza a livello nazionale e internazionale, la moderna agroindustria ha bisogno di braccia per continuare a macinare profitti anche ai tempi della crisi, la forza lavoro è l’anello più debole di un sistema cinico e brutale. Sui migranti (bianchi e neri) si sperimentano le condizioni di lavoro peggiori che mano a mano vengono estese a tutti i lavoratori con il solito ricatto “con i tempi che corrono è già tanto se ti diamo un lavoro, accetta queste condizioni altrimenti fuori c’è la fila di chi aspetta di prendere il tuo posto”. Se la Coldiretti, finalmente, accetta di disporre l’accoglienza per chi lavora, significa che un passo avanti è stato fatto perché riconoscono che essa è da considerarsi un costo d’impresa e come tale è a carico dei datori di lavoro. Ma i padroni e l’associazione che li rappresenta non sono dei filantropi e neppure volontari delle opere pie: “la manodopera straniera serve, ne ospitiamo qualcuno così magari i controlli sono meno assilanti”.

 

Accoglienza

 

Accoglienza, ma sarebbe più corretto dire “ospitalità”, per chi lavora, dunque. Saranno circa 140 i posti letto nei containers (containers, contenitori multiuso che evocano pur sempre l’immagine delle merci) messi a disposizione dalla Coldiretti. Può voler dire che questo è il fabbisogno di manodopera presunto per la stagione della raccolta; anche questo un passo avanti perché lo scorso anno la Coldiretti dichiarò un irrealistico fabbisogno di 70 persone, ne arrivarono circa 400 tra aprile e agosto e la maggior parte di essi trovò un lavoro, almeno per qualche giorno..

 

Staremo a vedere quest’anno quanti migranti arriveranno e, a fine stagione, quanti avranno lavorato.

 

E’ strano che, un settore che ormai si basa su una programmazione aziendale accurata, necessaria per restare sul mercato in posizione competitiva, un settore che deve tener conto degli andamenti del mercato globale, dell’innovazione tecnologica, degli agenti atmosferici (siccità, grandine, gelate, etc…), non riesca a programmare con una certa precisione il fabbisogno di manodopera e a rendere noti i dati relativi all’impiego di braccianti al termine della stagione. La superficie coltivata è nota e la frutta non si raccoglie da sola.

 

Comunque…

 

Ma se l’ospitalità è per chi lavora, cosa ne facciamo di chi arriva a Saluzzo con la speranza di trovare un lavoro, senza averne la certezza (in realtà nessuno ha la certezza di lavorare; come per il permesso di soggiorno, anche per il lavoro l’incertezza è funzionale al controllo sociale e al ricatto nei confronti dei migranti)? La Caritas ci metterà una pezza per altre 40 persone che potranno usufruire del dormitorio in C.so Piemonte al massimo per un mese.

 

Ma bisogna innanzitutto “disincentivare” le “presenze precarie”, i “migranti forzati”, distinguerli  dai “migranti per lavoro”. I buoni da una parte, i cattivi dall’altra, o se vogliamo i più fortunati da una parte, i più sfortunati dall’altra. Per i primi ospitalità, per i secondi la forza pubblica (la polizia urbana non basta, chiamiamo i rinforzi).

 

E’ odioso il parallelo migranti uguale pericolo, ancora più odioso paventare “tensioni”, “conflitti” generati dalla presenza di cittadini stranieri dalla pelle nera. La presunta concorrenza tra italiani e stranieri per accedere al mondo del lavoro e dei servizi lasciamola alimentare da chi, non avendo altri argomenti,  fa del razzismo e della xenofobia la propria bandiera. Se conflitti ci devono essere, saranno tra sfruttati e sfruttatori, alimentati non da minoranze di sovversivi ma da un sistema economico che ignora o calpesta la dignità delle persone. La lotta per condizioni di lavoro migliori, per il diritto alla casa e alla salute, per il diritto all’accoglienza quando non ci sono alternative alla strada, sono istanze legittime e auspicabili, non questioni fastidiose da disincentivare.

 

“Disperdetevi” disse qualcuno l’anno scorso e mandarono le ruspe a radere al suolo il magazzino della ex stazione che ospitava intorno (neanche dentro) quasi 100 migranti accampati. Poi venne il foro boario, con la tendopoli abusiva che ospitò quasi 200 persone, “sono uomini liberi di stare dove vogliono, basta che non diano fastidio” dissero poi, e innalzarono un simbolico ma eloquente muro di robusti pannelli in legno per nascondere la vergogna. Chissà cosa succederà quest’anno.

 

Il livello di civiltà di un luogo non si misura soltanto dalla presenza dei balconi fioriti o dei lussuosi parchi giochi, dall’adesione alla Rete dei Comuni Solidali o a Majors for Peace o ancora dalla posizione in classifica nella graduatoria dei “Borghi più felici d’Italia”. Si misura anche dalla capacità di sostenere una cultura diffusa dell’accoglienza, di accogliere, senza troppe menate, un numero tutto sommato esiguo di persone che valgono in quanto tali, indipendentemente dalle giornate di lavoro che riescono a conquistarsi durante la permanenza sul nostro territorio. E non ci sono patti di stabilità e bilanci comunali che tengano.

 

Invochiamo la forza della solidarietà che ci arricchisce tutti, altro che la forza pubblica!

 

Lele O.

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